Avevamo sognato una rivoluzione

Vi racconterò di Naim Audio, uno dei miti dell’alta
fedeltà, dalla sua nascita fino all’affermazione sui
mercati mondiali, dalla storica partnership con Linn
fino alla fine di questo matrimonio che sembrava
indissolubile.

Julian Vereker, fondatore di Naim Audio, era un
ingegnere autodidatta che aveva un inconsueto approccio alla realizzazione dei propri progetti e amava mettersi in gioco in prima persona in tutte le cose che lo appassionavano. Pilota di automobili che lui stesso preparava per correre, velista che costruiva per
hobby le sue barche a vela e anche appassionato di musica tanto che, insoddisfatto di ciò che offriva il mercato, decise di realizzare i propri apparecchi per registrare e ascoltare i gruppi di amici che suonavano.
Julian fonda la Naim Audio Visual nel 1969 e come primo prodotto realizza un sistema di luci controllato dalla musica capace di gestire 30 KWatts di potenza. In seguito, sempre spinto dall’amore per la musica, crea un mixer audio e, convinto che gli apparecchi disponibili sul mercato non rispondessero alle sue esigenze di qualità, decide di cimentarsi nella realizzazione di amplificatori che costruisce per sé e un amplificatore che si trovava a pilotare in regime dinamico un carico reale come un diffusore. Da quel momento, Linn e Naim cominciano insieme il loro percorso comune e nei negozi specializzati si iniziano a vedere i primi sistemi Linn e Naim.

I primi amplificatori sono l’originario NAP 160 ed il NAP 200, che si evolverà pressoché invariato nel NAP 250, di fatto realizzati prima della nascita ufficiale della Naim Audio, la cui sigla NAP sta per Naim Audio Power e il numero 200 o160 è la somma della potenza dei due canali su 4 Ohm. Il preamplificatore NAC 12 arriva sul mercato nel 1974, il numero 2 indica i due canali (stereo) e il numero 1 il primo preamplificatore! I primi apparecchi hanno un’aria molto artigianale: il cabinet è realizzato molto semplicemente da pannelli imbullonati tra loro e, proprio dalla loro estetica, deriva il soprannome bolted che gli hanno dato gli appassionati. Gli amplificatori sono costruiti con spessi estrusi di alluminio che hanno anche la funzione di dissipatori, hanno sul pannello frontale solo il logo e l’interruttore di accensione mentre, posteriormente, oltre ai transistor di potenza, protetti da un coperchietto di plastica, vi sono i terminali di uscita, l’ingresso di segnale con un connettore XLR e la presa di alimentazione. Nei finali trovano posto un grande trasformatore toroidale, i diodi raddrizzatori e due grossi condensatori elettrolitici di filtro. La costruzione è particolarmente ordinata con il cablaggio elegantemente disposto e le schede, anch’esse realizzate a mano e apparentemente semplici, sono sostituibili per facilitare l’eventuale manutenzione mentre i transistor di potenza sono a vista sul pannello posteriore. Una particolarità del NAP 200 è la presenza, oltre alle due schede di potenza, anche di due schede di regolazione. Il NAP 250 è sicuramente il prodotto che più rappresenta Naim e in assoluto è uno dei migliori amplificatori della storia dell’alta fedeltà, tanto che è rimasto in produzione praticamente
invariato per tre decenni. Il NAP 160 è identico in tutto tranne che per la mancanza della stabilizzazione.
Julian sembrava andare controcorrente in tutto: era convinto della superiorità della classe B mentre il mondo dell’alta fedeltà tesseva le lodi della poco efficiente classe A. Poneva una cura estrema nelle
masse rigorosamente a stella ed equipaggiava gli alimentatori con gli enormi trasformatori toroidali realizzati dalla Holden & Fisher, talmente sovradimensionati da non passare inosservati, soprattutto
nei preamplificatori dove erano dimensionati per poter alimentare un finale di potenza.
Il preamplificatore NAC 12 era costruito con pannelli di alluminio assemblati con semplici angoliere. La cosa che stupisce osservando questo piccolo apparecchio è l’essenzialità assoluta e la pressoché assenza di controlli ad esclusione del volume, bilanciamento e selettore dei tre ingressi. Gli apparecchi hi-fi dell’epoca erano dotati di sofisticati controlli di tono e filtri e più aumentava il prezzo e più il pannello frontale appariva ricoperto di manopole e interruttori. Probabilmente il piccolo Naim NAC 12 e il Mark Levinson JC 2, realizzato nello stesso anno da John Curl dall’altra parte dell’oceano, sono i due apparecchi grazie ai quali l’alta fedeltà ha cambiato direzione rispetto al passato, creando i presupposti per il minimalismo tipico dell’hi-end. Le similitudini non si fermano al minimalismo dei controlli e alla totale assenza di tutto ciò che potesse interferire negativamente con il segnale ma anche alla scelta di offrire per l’ingresso phono la possibilità di collegare una testina moving coil. All’epoca erano molto diffuse le testine a magnete mobile ma, sia Naim che Mark Levinson erano convinti della superiorità delle testine a bobina mobile che, peraltro, richiedono uno stadio di ingresso con una elevatissima sensibilità e, forse per questo, meno facile da realizzare. Anche il preamplificatore Naim era dotato come il JC 2 di un’alimentazione esterna, ed entrambi gli apparecchi erano costruiti con schede o moduli sostituibili su di una scheda madre.

In seguito il catalogo Naim si allarga velocemente con l’introduzione dell’alimentatore separato NAPS di dimensioni assolutamente inusuali per un pre, alloggiato in un cabinet identico a quello del pre NAC 12.
Grazie alla partnership con Linn nascono i crossover elettronici Naxo 3 per poter triamplificare le Linn Isobarik PMS, dando vita al leggendario Tri Amp. Farà seguito il Naxo 2 per le Linn Sara e Kan, entrambe a due vie. Ricordo ancora il primo ascolto del Tri Amp, rimasi letteralmente folgorato ed è proprio a questa esperienza che devo il mio ingresso nell’alta fedeltà. Uscii dal negozio con l’idea che un giorno lo avrei acquistato e così è stato e da quel giorno è rimasto in casa mia per tantissimi anni regalandomi ore e ore di musica e mi sono così innamorato dei sistemi attivi che da allora non ho più avuto un sistema passivo nella mia sala d’ascolto. Pur essendo un professionista in questo settore non ho avuto molti impianti: le Isobarik per tanti anni, le Keltik che di fatto ne rappresentano la naturale evoluzione e, infine, le ATC SCM 50 attive, ormai da tempo stabili in casa mia. Le Isobarik tuttavia mi sono rimaste nel cuore e proprio recentemente, restaurandole per un cliente, mi è venuta voglia di ritrovarne una coppia per regalarla a mio figlio Marco.

NAC 22 e il piccolo finale NAP 120 nascono con l’idea di offrire un’alternativa un po’ più economica e con un’estetica un po’ diversa. Il finale alimenta il pre e su quest’ultimo, solo le schede fono sono sostituibili,
S per le testine MC e N per le MM. In seguito si aggiunge anche un nuovo preamplificatore, il NAC 32, che rappresenta un’evoluzione nella versatilità con i suoi 5 ingressi di cui due phono. Secondo Julian era
identico al NAC 12 nelle prestazioni ma con la possibilità di collegare due giradischi per confrontarne il suono. Un’altra scelta controcorrente era l’utilizzo dei connettori DIN in luogo degli RCA, scelta fortemente voluta da Julian e che ancora oggi caratterizza la produzione Naim.
Del resto anche sul Mark Levinson vi erano i connettori CAMAC al posto dei molto più diffusi RCA… Proprio in questi giorni mi è capitato in laboratorio il primo Mark Levinson, il modello LNP 2 che è assai diverso dal minimalista JC 2, anche se vi sono alcune similitudini tra le quali l’estetica professionale in un cabinet standard Rack da 19’’ e la costruzione modulare.

Grazie alla partnership con Linn, Naim negli anni ’70 cresce e i prodotti maturano sensibilmente con l’introduzione della nuova estetica soprannominata dagli appassionati chrome bumpers.
I nuovi apparecchi appaiono molto ben costruiti e sono alloggiati in una robusta e spessa estrusione di alluminio verniciata di nero e con il bordo frontale spazzolato. Due sono le dimensioni, una grande per i finali NAP 250 e NAP 160 e una piccola più o meno la metà, dalle dimensioni simili a una scatola da scarpe (shoe case così soprannominata) per il piccolo finale NAP 110 e per i due preamplificatori NAC 42 e il NAC 32 con la sua nuova veste. Sul catalogo rimane anche il finale professionale NAB 300 introdotto nell’era bolted, dotato di due alimentazioni sovradimensionate e di un tunnel per il raffreddamento forzato, tramite ventola, dei finali di potenza che permetteva il funzionamento continuo alla massima potenza su carichi dell’ordine dei 2 Ohm.
La mia storia ufficiale come distributore per l’Italia di Naim Audio inizia proprio all’inizio degli anni ’80 e si conclude prima degli anni ’90 con la fine anche del matrimonio tra Linn e Naim. All’epoca venne imposto a tutti i distributori di fare una scelta e non vi nascondo che per me fu assai complicata e sofferta visto il profondo amore che mi legava alle due aziende e la sincera amicizia con i loro personaggi
più importanti, a partire ovviamente da Ivor e Julian e per finire con Alan e Paul, responsabili delle vendite delle due aziende e ovviamente molti altri ancora. La mia scelta per Linn fu dettata dal fatto che, pur avendo sempre collaborato con le due aziende dando feedback come distributore, con Linn da tempo si era costruito un rapporto più aperto. Alla Naim all’epoca tutto veniva progettato da Julian, lui era il reparto ricerca e sviluppo e solo nella metà degli anni ’80 accettò di essere aiutato nella progettazione. Alla Linn c’era molta apertura, personaggi come Martin Dalgleish per la parte meccanica e Bill Miller per l’elettronica si occupavano, in un sempre crescente investimento di persone e denaro,
della ricerca e sviluppo. Alla Linn ho potuto dare il mio contributo, oltre che come distributore, anche con idee su nuovi prodotti e sui mercati e questo mi faceva pensare a un maggiore controllo del mio futuro
e della possibilità di essere partecipe delle decisioni che avrebbero condizionato la mia vita professionale (ma della mia storia con Linn vi parlerò in futuro).

Nel 1983 arriva sul mercato il primo amplificatore integrato, il Naim NAIT, un apparecchio che diventerà una leggenda, considerato da molti uno dei migliori amplificatori integrati della storia dell’alta fedeltà. In modo provocatorio, era stato introdotto dichiarando una potenza di soli 5 Watt per canale ma rinchiuso in una piccola scatola c’era tutto il DNA di Naim. Volume, bilanciamento che in realtà agiva solo su un canale, tre ingressi di cui un ottimo ingresso phono per testine MM e il tasto di accensione, niente di più ma, a dispetto dei 5 Watt, era in grado di pilotare un piccolo diffusore a un livello più che sufficiente per un ambiente domestico. Da questo apparecchio deriverà in seguito anche il piccolo finale NAP 90.

A metà degli anni ’80 viene introdotto alla Naim un progettista, Guy Lamotte, che lavorava come tecnico per l’allora distributore francese e venerava il lavoro di Julian, tanto che fu lui a insistere per poter lavo- rare alla Naim e, sotto la guida di Julian, si occupò dello sviluppo del sintonizzatore NAT 01 che da tempo era a livello di prototipo nonché del successivo NAT 101. Lavorò anche sull’HI CAP, un super alimenta- tore che si affiancava allo SNAPS, dotato di un trasformatore toroidale grande come quello del NAP 250. Aiutò a realizzare le versioni .5 dei preamplificatori 42 e 32 che divennero 42.5 (che a breve diventerà il 62 con simile costruzione ma un ingresso in più) e 32.5 entrambi con la nuova possibilità di poter alimentare anche separatamente le diverse sezioni del pre e permettere l’uso dell’HI CAP. Proprio partendo dal Nap 250 vennero realizzati i due finali monofonici Nap 135 con alimentazione doppia rispetto a un 250 e le schede di stabilizzazione e di potenza montate su un tunnel di raffreddamento con il controllo in temperatura della velocità della ventola. Anche i crossover vennero modificati con la nuova possibilità di usare il nuovo alimentatore e i monofonici diventando Naxo 2-4 e 3-6. Il Tri Amp venne così portato al suo limite estremo con il Six Pack ovvero le Isobarik pilotate da 6 finali monofonici Nap 135.

Guy Lamotte aveva un particolare amore per le Quad ESL 57 anche se ne conosceva i limiti e, durante il suo lavoro alla Naim, in modo totalmente autonomo, si mise a lavorare su delle modifiche ai pannelli elettrostatici di questi diffusori. La sua convinzione era di riuscire a superare i limiti delle Quad ottenendo una maggiore tenuta in poten- za e quindi la capacità di sonorizzare una stanza con una maggiore pressione sonora grazie a una costruzione più robusta e voltaggi più elevati. I pannelli originari delle Quad erano realizzati su un semplice telaio in legno ma per la struttura dei suoi pannelli decise di mantenere le dimensioni originali utilizzando una rigidissima struttura di estrusi di alluminio e aggiunse al diffusore un tweeter a nastro della Decca.

TRE COSE CHE SO DI NAIM
Ho visitato la Naim due volte (non recentemente), sono stato invitato a casa di
Paul Stephenson ad ascoltare il suo raffinatissimo sistema hi-fi (triamplificato con alimentazioni separate per ogni componente) e per Paul, per quel che si può, visto gli episodici incontri, ho provato sincera empatia, cosa che per il sottoscritto (cresciuto nella convinzione che il privato sia anche un po’ pubblico e viceversa) rappresenta un lasciapassare benevolo anche verso Naim, pur non approvando la determinazione con cui l’azienda, a torto o a ragione, ha sostenuto nel tempo quelle peculiarità che la rendevano un cane sciolto nell’empireo hi-fi, poco compatibile con gli altri: cosa che la accomuna forse più di tutte a Linn! Posso dire di conoscere il marchio, se non benissimo perlomeno bene… Dietro tutto la genialità un po’ nerd e un po’ freak di Julian Vereker (che non ho avuto il piacere di conoscere) che si compenetrava con quella di Igor Tiefenbrun (fondatore di Linn che invece ho ben conosciuto): di entrambi apprezzata, purtroppo non condivisa, da chi scrive; seconda (forse, magari no, boh) solo alla testardaggine con cui nel tempo sono state sostenute alcune convinzioni, a volte a torto, a volte a ragione, a volte in modo autolesionistico, a volte solamente naif, prima che la ragion di stato, l’approdo alla grande finanza dei venture capital e dei fondi di investimento (tanto lontano dalle virtù di benefattrice di Shirley Clarke!) normalizzasse il tutto.
Eppure, proprio per bocca e opera della nemesi Naim o chi per lei, ha trovato pace a uno dei crucci e a uno degli elementi affrontati con più testardaggine di altri: disporre in gamma di diffusori di riferimento! Ci ha provato l’azienda con gli FL 1, poi con gli IBL e infine con gli Ovator, tutti sistemi non solo rispettabilissimi ma ottimi (gli ultimi li provammo anche) uniti dall’insuccesso commerciale. Poi (per effetto della nemesi?) l’approdo a Focal…
Ulteriore frutto della commistione tra genialità e testardaggine quello della creatività che ha dato luogo in passato alle campagne pubblicitarie più spiritose che questo mercato abbia mai visto (merito anche qui condiviso con Linn, quasi che quel connubio invece del “non s’ha da fare” andasse fatto e continuato, eccome!); meriterebbero pagine e pagine di giornale, ne abbiamo raccolte qui alcune tra cui una caratterizzata da una curiosa singolarità: con poncho e cheroot in bocca vi appare l’autore di questo articolo! Trebbi per modestia non ha citato l’accaduto, il direttore di SUONO che tutto sa e nulla teme, invece sì…
Paolo Corciulo

Eclettico, geniale: Julian Vereker fu egli stesso testimonial di Naim
Inoltre limitò la radiazione posteriore con un carico acustico in modo da facilitare il posizionamento in ambiente.
Non sono sicuro che Julian fosse informato del lavoro svolto a casa da Guy Lamotte ma ciò che so è che, al momento della rottura della part- nership con Linn, venne data l’autorizzazione a Guy di procedere con lo sviluppo della FL 1 (Flat Loudspeaker 1). Ho avuto modo di ascoltare le FL 1 durante le fasi dello sviluppo e devo ammettere che avevano un suono così naturale, arioso e trasparente da lasciare stupiti e, pur ricordando le Quad e mantenendone le qualità, riuscivano a suonare non solo con un livello di pressione sonora assai più elevato ma anche con un’incredibile estensione sia in basso che in alto. In particolare ricordo un concerto per pianoforte e orchestra di Mozart trasmesso in diretta dalla BBC: l’ascolto con il neonato tuner Naim NAT 01 con una antenna Galaxy e le FL 1 triamplificate fu davvero molto emozionante. Ovviamente parlando delle Quad ESL mi è venuto in mente il siste- ma HQD di Mark Levinson anch’esso basato sull’utilizzo di questi straordinari diffusori, per la precisione due coppie con in mezzo un super tweeter Decca e un enorme subwoofer Hartley. Anche questo sistema era attivo ma, ovviamente, con elettroniche Mark Levinson e, ricordando il sistema a Guy, anche lui mi confermò la possibilità di usare più di una coppia di pannelli per aumentare la pressione sonora. Nella sede della mia azienda ho ancora una coppia di Quad e due su- pertweeter Decca che ho restaurato parecchi anni fa e che non ho mai avuto il coraggio di rivendere. In realtà ne avevo due coppie identiche che avrei voluto utilizzare stacked ma un mio amico negoziante di Cesena, che all’epoca utilizzava come amplificazione due meravigliosi Acustical model 1 del 1947 con i rispettivi preamplificatori, me le aveva chieste per il suo impianto e non sono riuscito a dirgli di no. Se ben ricordo, oltre a farle ascoltare ad alcuni giornalisti del settore, le elet- trostatiche Naim vennero impiegate da alcuni tecnici del suono come monitor per la registrazione di dischi, ne ricordo uno con opere di Donizetti particolarmente ben registrato, dell’etichetta francese Thésis, il cui fonico dichiarava di aver usato le FL 1.
La FL 1 sarebbe stata prodotta anche in versione passiva con l’obiettivo di poter essere pilotata con facilità da qualsiasi amplificatore Naim. Non so se per i costi o per le difficoltà tecniche incontrate, il progetto venne abbandonato e Naim, col nuovo progettista Roy George ex Goodmans, realizzò prima le SBL (Separate Box Loudspeaker), poi le piccole IBL e il diffusore a tre vie di riferimento DBL. Mi ricordo che fui proprio io, parlando con Roy durante le fasi di sviluppo, a suggerire l’utilizzo di un woofer ATC per la gamma bassa: all’epoca mi dilettavo a registrare con un Revox G 36 a valvole che ancora posseggo e come monitor utilizzavo dei diffusori ATC, ma di questo vi racconterò in qualche prossimo arti- colo, ammesso che Paolo Corciulo sia dell’idea di permettermi ancora di scrivere delle mie esperienze su questa storica e prestigiosa rivista. Con la fine di questa stupenda e unica storia di collaborazione, le strade di Linn e Naim si dividono e dopo la commercializzazione della prima amplificazione Linn LK 1 e LK 2, Naim presenta i suoi diffusori, il braccio per giradischi unipivot Naim ARO ed il kit per alimentare il motore del LP 12 Armageddon. Lamotte come ha un ruolo apicale in questa svolta ben oltre quel che si può intuire: a casa sua Guy utilizzava un giradischi Linn LP 12 con braccio (unipivot) e testina Decca con le sue Quad che saranno di ispirazione proprio all’ARO, nome sceltosul filo dello humor come storpiatura del termine freccia (arrow) in ragione del fatto che la canna veniva fornita dalla Easton Archery che fabbricava, appunto, frecce da arco!
Tra le novità di quel periodo anche il preamplificatore phono da in- stallare all’interno del giradischi Prefix; viene anche rivestito con una nuova estetica il piccolo integrato che diventa NAIT 2, anche se que- sta nuova veste rimarrà un caso isolato, un misto tra i vecchi chrome bumpers e i successivi olive. Nel frattempo arriva sul mercato il pre- amplificatore di riferimen-
to NAC 52, il primo Naim telecomandabile e dotato di un’alimentazione se- parata mostruosamente sovradimensionata. Il nuovo pre inaugura la nuova estetica che verrà poi introdotta per tutti i prodotti, soprannominata olive dagli appassionati. Infine esce il primo lettore di compact disc, il Naim CDS con il suo alimenta- tore dedicato CDPS. Con l’introduzione della serie soprannominata olive per il colore del pannello frontale si conclude il mio rapporto con Naim come distributore italiano e ammetto che, pur avendo scelto Linn, sono ancora oggi particolarmente legato a questo meraviglioso marchio e in modo particolare ai prodotti degli anni ’80 tanto che non a caso oggi sono ricer- catissimi dai cultori per il loro fascino e il suono così naturale e musicale. Sono rimasto in contatto con il mio caro amico Paul Stephenson che dopo la morte nel 2000 di Julian, per volere di quest’ultimo, divenne direttore e socio della Naim e devo dire che grazie al suo lavoro la Naim è cresciuta tantissimo, così tanto da spingere il trust costituito dai familiari di Julian a vendere l’azienda che ora è in mano a una società finanziaria. Mi ricordo il racconto di Paul, di come sia iniziata la loro collaborazione. Al contrario di Julian, abbastanza introverso, Paul è sempre stato una persona comunicativa e con un fantastico senso dell’umorismo che solo in parte traspare dalle pubblicità della Naim dell’epoca, dopo aver lavorato in un negozio di alta fedeltà e aver ascoltato gli amplificatori prodotti dalla Naim si era proposto a Julian come venditore e come risposta ottenne un “non ne ho bisogno” ma l’insistenza di Paul alla fine ebbe la meglio e sono sicuro che la Naim non sarebbe diventata ciò che è senza di lui. Julian ha sempre ascoltato Paul e tra i due c’è sempre stata grande intesa, erano complementari e si stimavano a vicenda. Paul ed io abbiamo sempre passato tanto tempo insieme ad ascoltare musica, a ridere e scherzare ma anche a parlare di lavoro e di cose personali: ricordo perfettamente le sue preoccupazioni dopo la morte di Julian, lui che si era sempre occupato delle vendite si trovava ora l’immensa responsabilità di dirigere l’azienda. Invece in mano a Paul la Naim è cresciuta tantissimo ma, quando la proprietà è passata a una società finanziaria, ho visto Paul cambiare e cominciare ad allontanarsi dall’azienda fino alla decisione di lasciare. Penso che lui, avendola vista crescere dal nulla, non ritrovasse più quell’atmosfera della Naim dei tempi di Julian quando insieme volevano realizzare i migliori prodotti del mondo e far vivere alle persone la magia della musica a casa propria.
Mi capita spesso di pensare alla Naim di quei meravigliosi anni, ricordo le uscite in barca a vela con Julian e le nostre lunghe chiacchierate su musica, vela e hi-fi. Julian proponeva sempre interessanti argomenti di   conversazione e il suo approccio alle cose era sem- pre originale e mai scontato, come ad esempio il suo coinvolgimento nella Brompton, un’azienda che ha realizzato un’inno- vativa e originale bici pieghevole che oggi ha un grande successo, perfetta per il bagagliaio di un’auto o il gavone di una barca. Negli ultimi anni
Hunter, alla realizzazione di una barca a vela da 50 piedi con water ballast dinamici (zavorra ad acqua). L’imbarcazione venne varata il giorno della sua morte. Ricordo perfettamente l’atmosfera che si re- spirava in Naim, l’amore per la musica, la voglia di innovare, si agiva con coraggio e con la voglia di rivoluzionare il mercato. Penso di essere stato per il mercato italiano il portavoce di una rivoluzione, il mondo dell’hi-fi è cambiato per sempre grazie a queste piccole aziende timona- te da romantici visionari. Non conosco approfonditamente i prodotti di oggi e devo ammettere di essere rimasto legato alla Naim del passato; forse questo è un sintomo dell’invecchiare ma non mi ritrovo in tutte queste aziende il cui fine ultimo è ora il profitto, soprattutto avendole conosciute quando alla guida c’erano giovani e appassionati impren- ditori che avevano il coraggio di innovare…

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